Milena dopo una vita passiva ha deciso di intraprendere la più grande avventura e lasciarsi abbracciare dal potere del cambiamento per vivere davvero.
L'intrapredenza e la curiosità di conoscere il mondo sono solo alcune componenti della sua storia che lo hanno portato ad essere il viaggiatore avventuroso di oggi.
Chiara ci racconta la sua esperienza di volontariato in Africa, luogo che sin da bambina ha sentito come meta da scoprire per trasmettere l'amore che ha dentro e aiutare i bambini in difficoltà.
Ho riflettuto per un paio di giorni su cosa volessi raccontare in questo articolo, perché ogni singolo dettaglio sembra degno di condivisione, ma, dato che non posso scrivere un saggio breve, ho deciso di fare una piccola selezione.
Facciamo prima un passo indietro: ciao, mi chiamo Alessia, vengo da Rimini, ho 21 anni e lo scorso 12 novembre ho preso parte a un progetto SVE presso Gulbene, cittadina situata nella parte nord-orientale della Lettonia.
Lavoro nel secondo asilo della città (sì, è proprio quello il suo nome!) dal lunedì al venerdì tutte le mattine e due pomeriggi a settimana. Ad essere precisi il martedì mattina coordino le attività sportive nel primo asilo di Gulbene assieme ad altri due volontari (un ragazzo austriaco e una ragazza tedesca), con cui inoltre convivo.
Ciao, mi chiamo Marco, ho 25 anni e vengo da Roma. Quest’anno ho deciso di vivere l’avventura del volontariato europeo e al momento mi trovo in Portogallo, più precisamente ad Olhão, nell’estremo sud del paese, proprio vicino all’oceano. Lavoro in un centro di assistenza per bambini, dove svolgo attività di aiuto compiti e attività ricreative con altri volontari come me e diversi assistenti locali.
Sono ormai cinque mesi che sto vivendo questa esperienza fantastica e altri sette mesi mi attendono ancora, ma il tempo sta scorrendo molto velocemente.
E’ la prima volta che faccio un’esperienza del genere, e devo dire che l’inizio è stato un po’ sofferto, ma è normale: vivere in casa con altre persone, di culture e abitudini diverse dalle proprie, significa mettersi in gioco ed essere disposti ad ascoltare e accogliere l’altro, il che, all’inizio, non è proprio una passeggiata.
Con il tempo, però, ci si accorge che il dialogo è alla base della convivenza e si impara a vincere i propri limiti, i pregiudizi. E più si va avanti così, più questo atteggiamento positivo diventa contagioso e in poco tempo ti ritrovi non più a vivere con dei coinquilini, ma con una squadra, una famiglia.
Se il mondo mi sembrava immobile, i due mesi passati in Bulgaria hanno avuto l’effetto totalmente opposto. Sradicando ogni possibile limite al nostro agire, siamo riusciti ad attraversare le terre bulgare e conoscere i loro cuori. C’era chi suonava la chitarra o le note di ritmi balcanici incitando il povero caro vecchio white van sulle strade più ardue; schiacciato sui suoi sedili, combattendo con montoni di bagagli, sacchi a pelo ed equipaggiamento vario. C’era poi chi combatteva il caldo, macinando chilometri in bicicletta, e chi implorava per strada un passaggio di fortuna.
C’erano villaggi che si perdevano negli orizzonti verdeggianti delle montagne, e in quelli aridi dei paesi costieri. Abbiamo conosciuto il cielo bulgaro con le sue nuvole dense che viaggiavano con noi, spirituali nella musica e nelle persone. Non è la meta ma il viaggio. E il viaggio è stato continuo. Sorprese ed emozioni, sfide e delusioni, dialoghi e discussioni. Come esperienza di volontariato europeo la definirei volontaria in assoluto. Il senso di libertà che la Green Association è riuscita a darci ha scosso tutti quanti, a volte con estremo entusiasmo e determinazione, altre con titubanze, dubbi o paure. Non abbiamo solo lavorato, sviluppando la nostra creatività ed espressività nei modi più svariati, al più importante festival ecologico della Bulgaria, o nei villaggi e nelle case di giovani bulgari, negli orti e nei campi, imparando nozioni di permacultura, eco-building e deliziose ricette tipiche […]
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